Sala del Dittico
Una saletta è ora esclusivamente dedicata alla Madonna della fontana e al Bicchiere con fiori entro una nicchia, capolavori dipinti da Jan Provost (1462-1529), tra i più preziosi della collezione alberoniana, esposti, in questo nuovo allestimento, senza le cornici realizzate nel secolo scorso, in una vetrina/parete espositiva progettata e realizzata specificamente per la loro presentazione.
Le luci della teca sono state ideate e realizzate da Davide Groppi, con il fine di salvaguardare la naturalità delle tinte scelte dall’artista senza alcuna interpretazione dettata dalla luce artificiale.
La penombra dell’ambiente, interrotta solo dalle didascalie luminose dei dipinti, focalizza l’attenzione del visitatore sulla sofisticata interpretazione dell’iconografia della Vergine che l’artista ha realizzato.
Documentato a Mons dal 1465 circa, libero maestro ad Anversa nel 1493, Provost acquisì l’anno successivo il diritto di cittadinanza e il titolo di libero maestro a Bruges, città nella quale si svolse gran parte della sua carriera. Nel 1521 Provost è di nuovo ad Anversa, dove incontra Dürer.
Artista eclettico, Provost sa attingere con disinvoltura sia alla grande tradizione della pittura fiamminga del Quattrocento (van Eyck, van der Weyden) sia agli sviluppi proposti dai suoi più illustri contemporanei (Metsys, van Cleve, Patinir, Memling e David).
Con la nostra tavoletta, databile al 1510 circa, il pittore ci offre una sofisticata interpretazione dell’iconografia della Vergine, rifacendosi ad un celebre prototipo del grande caposcuola Jan van Eyck, la Madonna della fontana oggi al Museo di Anversa (1439), riletta alla luce delle esperienze più “moderne” di maestri come Gerard David e Hans Memling.
Un’atmosfera intima e colloquiale pervade la composizione, nella quale la Vergine col Bambino è raffigurata al di sotto d’un sontuoso baldacchino sostenuto dagli angeli e all’interno di un giardino fiorito, entro il quale troneggia una fontana. Il simbolismo della scena è evidente e si rifà agli attributi della sposa nel Cantico dei cantici, tradizionalmente identificata con la Madonna: ella viene infatti paragonata nel testo biblico ad un hortus conclusus, ma anche ad una “fonte di giardini” e ad una “sorgente d’acque vive”.
Il vaso di fiori, forse in origine sul rovescio della tavola, non fa che rafforzare questa sottile simbologia: la rosa bianca, senza spine, evoca la castità e la purezza della Vergine, così come il trasparente bicchiere di cristallo; il garofano rosso, simbolo d’amore, è anche per il suo colore un’allusione alla futura Passione di Cristo; la margherita, fiore che si schiude a primavera, richiama d’altra parte la Resurrezione.
Metafora della Vergine e del mistero dell’Incarnazione il vaso di fiori è anche uno straordinario pezzo di bravura pittorico, una delle primissime “nature morte” autonome dell’arte occidentale: basti osservare la raffinatezza della gamma cromatica, dal grigio verde della parete al caldo tono ambrato della rosa, e poi lo stupefacente effetto di trasparenza dell’acqua entro il bicchiere e dell’ombra portata del garofano sul fondo della nicchia.