Pinacoteca
Giulio Alberoni cominciò a formare le sue collezioni fin dagli anni giovanili a Piacenza, arricchendole poi durante il soggiorno in Spagna e soprattutto a Roma a partire dagli anni Venti del Settecento. Il cardinale ebbe relazioni con diversi artisti contemporanei, tra i quali il brillante ritrattista genovese Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto (1660-1745), che nel 1714 eseguì su commissione di Alberoni diversi ritratti di Elisabetta Farnese, in occasione delle sue nozze con Filippo V, uno dei quali venne regalato dalla sovrana stessa al cardinale, insieme al ritratto del marito eseguito nel 1715 dal pittore di corte Nicola Vaccaro (circa 1650-1723?), anch’egli di origini genovesi e che aveva per qualche anno lavorato presso la corte farnesiana di Parma prima di trasferirsi in Spagna. A Madrid venne senza dubbio realizzato anche il ritratto del cardinale appena eletto (1717), probabile opera del pittore francese Michel-Ange Houasse (1680-1730). Quasi certamente nella capitale spagnola il cardinale venne in possesso del San Francesco in meditazione di Sebastiano Martinez (1602-1667), uno dei più importanti artisti della Scuola di Siviglia, pittore di corte di Filippo IV e successore di Velazquez.
Ma è a Roma, specie nel forzato periodo di inattività politica tra il 1720 e il 1735, che il cardinale si appassionò più profondamente alle arti figurative. Nella capitale pontificia Alberoni si dedicò soprattutto all’arredo della villa suburbana fuori Porta Pia, presso Sant’Agnese, e di Palazzo Lana-Buratti, situato nel Rione Trevi presso la chiesa degli Angeli Custodi (entrambi gli edifici oggi non più esistenti). Due inventari, uno del 1735 e uno del 1744-53, attestano con precisione la consistenza delle sue collezioni: vi sono elencati circa centosessanta dipinti, i più importanti dei quali erano esposti nella “stanza apparata di quadri” del palazzo, contigua alla “Galleria Nobile” affrescata dal suo concittadino Gian Paolo Panini (1691-1765). Al grande pittore piacentino il cardinale commissionò nel 1725 la realizzazione di un monumentale dipinto raffigurante la Cacciata dei mercanti dal Tempio, per far da pendant al quadro con la Probatica piscina del bolognese Domenico Maria Viani (1668-1711), che proveniva dalla collezione del cardinale milanese Ferdinando d’Adda.
Sono due composizioni di grande impegno e di notevole forza espressiva: esemplare delle tendenze “neo-carraccesche” e illuminato da una luce livida che scolpisce i nudi potenti e vigorosi il dipinto del Viani; caratterizzato da tonalità più calde e squillanti il lavoro di Panini, che si concentra soprattutto sulla raffinata e lenticolare resa della grandiosa architettura di fondo, quasi una scenografia teatrale.
Un altro artista contemporaneo di rilievo con il cui il prelato piacentino entrò in contatto è Sebastiano Conca (1676-1764), di cui si può ammirare il San Turibio che divide l’acqua di un fiume, una composizione che l’artista eseguì per la prima volta in occasione della canonizzazione del santo nel 1726 e che replicò poi in diverse occasioni.
Tra i quadri “di storia” più importanti della collezione di Alberoni un posto di rilievo hanno i due grandi dipinti di Giovan Battista Lenardi (1656-1704) con la Continenza di Scipione e la Morte di Marco Giunio Bruto. Lenardi, allievo di Lazzaro Baldi, è pittore che si muove con souplesse nella migliore tradizione della grande pittura barocca di Pietro da Cortona: splendore cromatico, ricercatezza decorativa, gestualità ampia ed enfatica caratterizza i due notevoli dipinti.
Decisamente maggioritari nelle raccolte dell’alto prelato piacentino sono i cosiddetti “quadri di genere”: nature morte, marine, paesaggi, battaglie, quadri di fiori, tra i quali spiccano le nature morte del piacentino Bartolomeo Arbotori (1594-1676) e del cremonese Antonio Gianlisi junior (1677-1727), i quadri di fiori del bresciano Marc’Antonio Rizzi (1648-1723) e del romano Ludovico Stern (1709-1777), le quattro tele con una Pollivendola, una Fioraia, un Venditore di limoni e di cedri e un Venditore di meloni, giudicate da Stefano Pozzi nella sua stima del 1760 di mano di Monsù Bernardo, vale a dire del pittore danese Eberhart Keilhau (1624-1687), i quadri di animali del pittore anversese David de Coninck (1643-1701), le classiche vedute della campagna romana di Gaspar Dughet (1615-1675) e i più irrequieti paesaggi riferiti al napoletano Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro (1609/10-1675), le due notevoli tele con i Guerrieri a cavallo di Jacques Courtois detto il Borgognone (1621-1670).
Giunto in Collegio più di recente, per interessamento di padre Gian Felice Rossi, è invece il notevole Martirio di San Sebastiano del cesenate Cristoforo Serra (1600-1689), opera nella quale sono evidenti i richiami al Guercino, che fu suo maestro.